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Il processo di Farzad Kamangar, impiccato il 9 maggio, è durato 10 minuti

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Le autorità iraniane hanno giustiziato cinque prigionieri politici, senza informare le famiglie dell’imminente esecuzione, quattro di loro erano curdi, così Human Rights Watch.

Un comunicato diffuso dall’ufficio del pubblico ministero di Teheran conferma che i prigionieri curdi – Farzad Kamangar, Ali Heidarian, Farhad Vakili e Shirin Alam Hooli – sono stati impiccati la mattina del 9 maggio 2010 nella prigione di Evin,Teheran.
Oltre ai quattro curdi, c’è stata una quinta esecuzione da parte del governo, quella di Mehdi Eslamian, presunto membro di un gruppo filo-monarchico (vietato nel paese).
Le autorità affermano che tutti e cinque erano impegnati in “operazioni terroristiche, e che erano coinvolti in un piano per colpire il governo e centri pubblici in diverse città iraniane”.

L’esecuzione dei quattro prigionieri curdi è l’ultimo esempio dell’uso improprio che viene fatto della pena di morte da parte del governo contro le minoranze etniche all’interno del paese, ha detto Joe Stork, vice direttore del Human Rights Watch, sezione Medio Oriente.
Joe Stork ha aggiunto “I dissidenti curdi, ma anche gli attivisti per i diritti umani e civili vengono accusati da parte della magistratura di far parte di gruppi armati separatisti e condannati a morte nel tentativo di placare il malcontento che regna nel paese”

Secondo una dichiarazione rilasciata dal procuratore di Teheran, Kamangar, Heidarian, Vakili e Alam Hooli avrebbero confessato di appartenere al “Partito della vita libera del Kurdistan” (PJAK), considerato illegale nel paese. Inoltre i quattro avrebbero confermato di essere coinvolti in una serie di attentati avvenuti nel nord-ovest dell’Iran così come a Teheran.
Il PJAK è considerato dagli analisti come un affiliato iraniano del “Partito dei Lavoratori del Kurdistan turco” (PKK), anche questo partito è considerato fuorilegge.

Il quinto prigioniero, Eslamian, è stato accusato dal governo di essere coinvolto nel bombardamento di un sito religioso nella città meridionale di Shiraz avvenuto nel 2008. Le autorità hanno affermato che Eslamian era un sostenitore del gruppo pro-monarchia Anjoman-e padeshahi o l’Assemblea del Regno. All’inizio di quest’anno il governo aveva già eseguito la condanna a morte di altri due membri dello stesso gruppo, Arash Ramanipour e Mohammad-Reza Ali Zamani.

La sezione 30 della Corte Rivoluzionaria aveva condannato a morte Kamangar, Heidarian e Vakili il 25 febbraio del 2008.
Khalil Bahramian, uno degli avvocati che rappresentava Kamangar, il quale era presente al processo a porte chiuse dei tre uomini ha detto che ci sono stati abusi nella procedura di condanna, compresa l’assenza di una giuria.
Bahramian ha detto alla BBC che il processo di Kamangar è durato 10 minuti e che quando lui ha chiesto il permesso di presentare il caso del suo cliente, il giudice si è rivolto a lui dicendogli di presentare un istanza scritta.

Bahramian aggiunge “Nonostante io abbia categoricamente negato che il mio cliente fosse in qualche modo coinvolto con il PJAK o qualsiasi altro gruppo terroristico, il giudice non ha voluto ascoltare la mia difesa”.

Oltre all’accusa di terrorismo, da parte della magistratura, i cinque sono stati accusati anche di “moharebeh” (istigazione/inimicizia verso Dio).
Ai sensi degli articoli 186 e 190-91 del Codice Penale iraniano, chiunque sia accusato di terrorismo contro lo Stato, o di appartenere a organizzazioni armate, deve essere considerato anche colpevole di moharebeh e condannato a morte.

Le forze di sicurezza hanno arrestato Kamangar, un insegnante delle scuole superiori nella città di Kamyaran nel luglio del 2009 a Teheran.
Nel febbraio del 2008 Bahrmian ha informato Human Rights Watch che il suo cliente aveva numerosi casi aperti per presunti abusi e torture per mano delle autorità carcerarie di Sanandaj, Kermanshah e Teheran.
Human Rights Watch ha ottenuto una copia di una lettera scritta da Kamangar, nella quale l’insegnante descrive dettagliatamente le torture a cui è stato sottoposto così come conferma le minacce di violenza sessuale.
Bahramian ha rappresentato in tribunale anche Eslamian.

Analoghe accuse rivolte alle autorità carcerarie, compreso l’uso della tortura per ottenere confessioni si possono trovare anche nelle lettere di Vakili, Heidarian e Alam Hooli.
In una serie di lettere scritte dal carcere, Alam Hooli, donna cura di 28 anni, accusata di aver fatto esplodere un veicolo delle Guardie Rivoluzionarie a Teheran, descrive le torture fisiche e psicologiche, tra cui percosse con cavi e tubi elettrici, a cui è stata sottoposta per mano dei sui rapitori.

L’avvocato difensore così come i membri della famiglia hanno detto che il 9 maggio le esecuzioni sono state effettuate senza preavviso, il governo non ha informato né l’avvocato né i famigliari dei prigionieri.
Bahramian ha dichiarato alla BBC che “la legge richiede che io sia informato per quanto riguarda i miei due clienti … ma in nessun modo sono stato informato”.
Uno dei fratelli di Kamangar ha riferito alla BBC che i famigliari sono venuti a conoscenza dell’esecuzione grazie ai media.

Un altro membro della famiglia di uno degli altri prigionieri ha riferito a Human Rights Watch che le autorità hanno finora impedito ai familiari di ricevere i corpi per dar loro sepoltura. Secondo l’Islam la sepoltura deve avvenire il prima possibile, in genere entro 24 ore dal decesso.

“La magistratura iraniana deve immediatamente rilasciare una moratoria su tutte le esecuzioni”, ha detto Stork. “Questo include i 17 dissidenti curdi che attualmente si trovano nel braccio della morte”.

I 17 curdi attualmente a rischio di esecuzione sono: Rostam Arkia, Hossein Khezri, Anvar Rostami, Mohammad Amin Abdolahi, Ghader Mohammadzadeh, Zeynab Jalalian, Habibollah Latifi, Sherko Moarefi, Mostafa Salimi, Hassan Tali, Iraj mohammadi, Rashid Akhkandi, Mohammad Amin Agoushi, Ahmad Pouladkhani, Sayed Hosseini Sami, Sayed Mohammadi Jamal e Mohammadzadeh Aziz.

Human Rights Watch si oppone alla pena capitale, perché è una pratica crudele e disumana.

traduzione di: forafreeiran

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Abusi su minori nelle scuole coraniche

Human Rights Watch ha stilato un documento di 114 pagine sugli abusi che vengono commessi da parte degli insegnanti nelle scuole coraniche in Senegal. I talibe (studenti) che hanno subito abusi sono circa 50’000 mila, per lo più sono ragazzi al di sotto dei 12 anni. Gli studenti sono costretti a mendicare sette giorni su sette, spesso sotto violenze inaudite da parte dei marabut (insegnanti). Il rapporto si basa sulla testimonianza 175 studenti e 120 persone collegate agli insegnanti, e sulle famiglie che mandano i loro figli per istruirsi, in scuole riconosciute dal governo senegalese, le quali dovrebbero difendere i diritti dei bambini, e che spesso sono riconosciute come scuole umanitarie.
È vergognoso come questi “insegnanti” si nascondano dietro una religione, ma visto anche le ultime notizie e i fatti che avvengono anche dentro le chiese, non ci si stupisce, che anche dall’altra parte del mondo si sfrutta l’immagine di una religione per abusare su minori.

Per chi volesse saperne di più il rapporto è disponibile sul sito della Human Rights Watch “Off the Backs of the Children”